Nel linguaggio aziendale contemporaneo, parole come vicinanza, collaborazione e leadership informale sono diventate quasi dogmi.
Peccato che, molto spesso, vengano tradotte in comportamenti che generano l’effetto opposto: disagio, chiusura e conflitti latenti.
Edward T. Hall ha descritto quattro distanze prossemiche — intima, personale, sociale e pubblica — che regolano il modo in cui le persone percepiscono sicurezza, rispetto e ruolo nelle interazioni.
Non è psicologia astratta. È pratica organizzativa quotidiana.
- La distanza intima non è una leva manageriale: quando viene forzata, produce invasione e perdita di fiducia.
- La distanza personale è il perimetro minimo del rispetto professionale: senza di essa, ogni feedback diventa un attacco.
- La distanza sociale è quella dei ruoli, dei processi e delle responsabilità chiare: se manca, nasce confusione.
- La distanza pubblica serve per comunicare visione, regole e obiettivi comuni: senza, prevalgono interpretazioni personali.
Il punto non è “avvicinarsi” o “allontanarsi”, ma sapere quale distanza è funzionale in quel momento.
Avvicinarsi ai problemi è indispensabile.
Avvicinarsi ai processi è corretto.
Invadere lo spazio delle persone, invece, non migliora né le relazioni né le performance.
Il rispetto delle distanze è una forma concreta di rispetto delle persone.
E senza rispetto, nessun metodo, nessuna leadership e nessun miglioramento continuo possono funzionare davvero.
Nella tua organizzazione, quali distanze vengono più spesso confuse?
Confrontiamoci nei commenti.